domenica 25 agosto 2013

Dare un costo ai prodotti nuovi

Una delle principali leve per incrementare la competitività è chiaramente l’introduzione di nuovi prodotti: sia come veicolo all’innovazione, sia per ampliare la gamma, quindi coprire in modo più puntuale le esigenze dei clienti. 
Introdurre nuovi prodotti è cosa buona e giusta, ma può capitare che la proliferazione di varianti introduca complessità senza generare valore. Inoltre,  non è mai semplice monitorare sin dal principio che i nuovi prodotti raggiungano gli obiettivi di profittabilità, o, più semplicemente, che siano profittevoli. Infatti il processo di definizione di un costo a preventivo (standard) su un prodotto nuovo è ben diverso da quello dei prodotti esistenti, e, se il tasso di innovazione è molto alto e se non si pone la dovuta attenzione nell’ottimizzare tale processo, si rischia di ritrovarsi con stime di costo poco attendibili, rischi sulla profittabilità, nonché un grosso carico di lavoro destrutturato a carico del controllo di gestione.
Un efficiente processo di costing dei nuovi prodotti deve essere strettamente integrato (e di fatto far parte) dei processi aziendali di innovazione ed evoluzione prodotto, e curare che a ogni passo della definizione prodotto sia associata la generazione delle informazioni rilevanti a definire il costo stesso.

Cos’è un nuovo prodotto


E’ importante distinguere i nuovi prodotti dai nuovi codici. Possono essere considerati nuovi prodotti solo quelli che, rispetto alla gamma esistente:
 - danno nuove funzionalità
 - migliorano le prestazioni
 - incrementano la versatilità
in un modo che il cliente può percepire tanto da accettare di pagare di più rispetto alle proposte della gamma esistente.
La stessa logica si applica ai componenti di prodotti finiti che rientrano nella casistica di cui sopra, sia utilizzati internamente che venduti a terzi.
A queste condizioni è ammissibile che un nuovo prodotto costi più del suo parente più prossimo o del prodotto che andrà a sostituire, coerentemente con il maggior valore che il cliente percepirà.
Molto spesso vengono generati nuovi codici articolo a cui non corrispondono nuovi prodotti, in quanto le condizioni di cui sopra non sono verificate. Ciò avviene a seguito di modifiche sul disegno di un prodotto esistente con l’obiettivo di sostituirlo dopo il suo phase out, ed è fisiologico nell’evoluzione della gamma. Dovrebbe però verificarsi solo per due motivi:
-          Risparmio sul costo del prodotto
-          Miglioramento della qualità
e ovviamente solo nel secondo caso può dare luogo ad un incremento di costo rispetto al sostituto.
Il nuovo codice crea una discontinuità nel monitoraggio, se non si mantiene un legame tra questo e il codice sostituito. A rigor di logica il codice prodotto nuovo dovrebbe ereditare il costo del prodotto che sostituisce per non falsare le analisi di profittabilità, dato che il valore per il cliente non cambia. La differenza di costo fra il sostituto e il sostituito sarà da considerare varianza industriale specificamente correlata all’attività dell’R&D.

Quali dati servono e quando


Come accennato all’inizio,  la definizione di un costo preventivo affidabile e il più possibile oggettivo dipende dalla tempestiva raccolta di informazioni rilevanti, che deve necessariamente avvenire nelle varie fasi del processo di innovazione / evoluzione prodotto. Non mi soffermo sui dettagli di tale processo, che può essere diverso da azienda a azienda, ma in generale:
-          Per supportare la decisione del lancio del nuovo prodotto è necessario definire un target di costo. Questo è tipicamente un dato stimato, definito attraverso un’attività di preventivazione e analisi del valore, e non dovrà necessariamente coincidere con il costo standard. E’ però un’informazione molto importante per monitorare la sostenibilità del business case durante la progettazione.
-          All’atto del rilascio del disegno definitivo deve essere resa disponibile e inserita a sistema la distinta base del prodotto. Eventuali componenti nuovi derivanti da tale distinta base dovranno seguire lo stesso processo.
-          E’ tassativo indicare prima dell’introduzione in gamma se il prodotto sarà (prevalentemente) fabbricato o acquistato da terzi, perché a seconda di questa scelta le informazioni necessarie saranno ovviamente differenti:
     o   Per i prodotti fabbricati, prima che sia possibile dichiarare un fabbisogno (escludendo i prototipi), è necessario avere definito e inserito a sistema la lista delle attività (produttive e non, se applichiamo l’ABC) necessarie, con la loro quantificazione (es. tempi di lavorazione, costo delle lavorazioni esterne) e i lotti ottimali di produzione.
     o   Per i prodotti acquistati, prima dell’emissione di un’ordine di acquisto (escludendo i prototipi) è necessario avere identificato il lotto ottimale di fornitura e negoziato il costo di acquisto relativo a quel lotto. Questo è spesso un passaggio delicato perché anche il fornitore è in una fase di startup, quindi fornirà quotazioni provvisorie.
Se le informazioni di cui sopra non saranno disponibili a tempo debito il prodotto potrà risultare non costificabile in automatico quando i primi pezzi cominceranno ad affluire a magazzino. Vediamo ora cosa è possibile fare per mitigare questo rischio.

Semafori


Uno dei modi per assicurare che i nuovi prodotti siano costificabili è verificare periodicamente (ad esempio tutti i giorni) e a preventivo, non appena un nuovo codice è creato a sistema,  che tutte le informazioni rilevanti siano già state inserite, segnalando un anomalia (semaforo rosso) se una o più informazioni mancano.  I controlli possono essere svolti attraverso semplici query, se non sono già disponibili nel proprio ERP. Le anomalie possono essere così segnalate agli enti aziendali preposti per il completamento dei dati.
Questa soluzione ha come vantaggio la semplicità di implementazione, ma non è particolarmente efficiente, perché comporta una “rilavorazione” di codici già gestiti e non evita il rischio di avere prodotti senza costo standard al momento dell’entrata a magazzino o, peggio, della vendita.

Workflow


Un approccio più strutturato richiede la definizione di un workflow, ossia una sequenza organizzata di attività di pertinenza di vari soggetti/enti. Al compimento di una certa attività il soggetto /ente che deve svolgere l’attività successiva è automaticamente avvisato. Inoltre,  se un determinato compito non è stato svolto una serie di attività a valle viene inibita, in funzione dello stato che il codice assume in ogni momento.
Solo a titolo di esempio, un workflow potrebbe richiedere l’inserimento dell’informazione di approvvigionamento (acquisto/fabbricazione) prima di richiedere l’inserimento della distinta base in caso di prodotto fabbricato o del fornitore preferenziale in caso di prodotto acquistato. Inoltre, sempre come esempio,  potrebbe inibire il lancio di un ordine di produzione in assenza di una distinta base.
Il workflow indirizza tutto il processo di creazione nuovi prodotti, non solo la costificazione. Se ben disegnato ne assicura la qualità e l’efficienza. D’altra parte introduce una certa rigidità nel flusso delle attività, comunque ampiamente ripagata dall’eliminazione delle “rilavorazioni” sul codice prodotto.

Conclusioni


In aziende che generano alcune migliaia di prodotti nuovi all’anno, situazioni che ho avuto occasione di sperimentare, la strutturazione dell’attività di creazione di nuovi prodotti diventa  una scelta obbligata. In compenso, l’attenzione alle informazioni necessarie al costing, oltre a rendere efficiente l’attività, aiuta ad assicurare coerenza e robustezza all’intero processo.