giovedì 26 settembre 2013

Il valore del magazzino e la misura della performance aziendale

Ho già evidenziato nel post precedente l’opportunità di valutare le scorte a costo standard per una rigorosa e non troppo complessa analisi delle varianze industriali.  E’ altresì evidente che tale tipo di valorizzazione spesso non sia accettabile dal punto di vista dei principi contabili,  sia internazionali che locali e che quindi una valorizzazione agganciata ai costi effettivi sia comunque necessaria. Se si aggiunge il fatto che la maggior parte delle grandi aziende sia obbligata (da casa madre, da regole legate alla quotazione in borsa o semplicemente dalla volontà del management) a chiusure contabili infrannuali, l’argomento non va a mio avviso sottovalutato.

Le diverse modalità di valutazione: impatto sull’analisi della performance


Il risultato economico, e con esso le misura di performance rispetto al budget, dipende in una certa misura, e nel breve/medio periodo,  dalla modalità di valutazione delle rimanenze. In caso di valorizzazione a standard,  qualsiasi varianza ha ovviamente impatto sul conto economico nel momento stesso in cui essa si manifesta: per le varianze di  acquisto all’atto dell’entrata a magazzino (con eventuale correzione al ricevimento della fattura di acquisto),  per le varianze di trasformazione  alla chiusura dell’ordine di produzione.  Le funzioni aziendali responsabili delle varianze sono in grado di legare facilmente le stesse con i fatti che le hanno originate, quindi possono spiegarle e attuare i necessari interventi correttivi.
In caso di valorizzazione a costi effettivi le varianze sono  “diluite” a magazzino, impattando il conto economico solo quando il prodotto finito in cui le varianze di acquisto e trasformazione sono contenute viene venduto. Il rilascio di queste varianze avviene gradualmente e , in funzione delle specificità del business e della modalità di valutazione, anche fino a svariati mesi dopo il loro verificarsi.
A titolo di esempio, in caso di forti aumenti dei prezzi dei materiali, non previsti dal budget, la varianza sfavorevole potrebbe avere un impatto a conto economico limitato o nullo nel primo mese di aumento, nel caso in cui il prodotto venduto sia stato fabbricato precedentemente all’aumento del prezzo di acquisto. L’impatto crescerebbe progressivamente con il passare del tempo. In una realtà produttiva (particolarmente in caso di distinta base a molti livelli) tracciare il modo in cui il rilascio avviene è estremamente  complicato, prevederlo virtualmente impossibile. 
Tengo a sottolineare che l’effetto sopra descritto è puramente contabile e non ha chiaramente alcun effetto sulla performance aziendale di lungo periodo . Non faremo andare meglio o peggio un’azienda modificando il modo di valutare le scorte. D’altro canto, il risultato di esercizio rilevante all’esterno è quello che deriva dalla valorizzazione a effettivo. E’ quindi necessario trovare una modalità per tracciare efficacemente la performance e nello stesso tempo riconciliare i conti economici “statutory”.

Far convivere le due modalità


L’esperienza sul campo su questo tema mi ha portato a provare diverse strategie: quella che ho personalmente trovato più soddisfacente è il “doppio binario”: da una parte impostare nell’ERP aziendale una modalità di valutazione basata sui costi effettivi (tipicamente un costo medio ponderato, adatto sia a requisiti locali italiani che IFRS), dall’altra impostare, attraverso una personalizzazione, l’analisi delle performances  su una valutazione a standard delle rimanenze.
A rigor di logica, per l’impostazione di un sistema di controllo non è necessario valorizzare i magazzini, bensì la variazione di magazzino nel periodo in esame, che altro non è che la somma algebrica di tutte le transazioni avvenute in quel periodo.  Ciò  è il sottoprodotto della valorizzazione a standard di dettaglio necessaria per l’impostazione di un’analisi varianze strutturata.
Il risultato della suddetta analisi non è riconciliato con il conto economico, perché manca ancora l’effetto economico della dinamica delle varianze “inglobate” nel magazzino. Tale informazione si ottiene confrontando la variazione di magazzino calcolata a standard e quella relativa alla valorizzazione ad effettivo (rimanenze finali meno rimanenze iniziali). E’ a tutti gli effetti una varianza, ma non ha molto senso assegnare una responsabilità per essa.

Pianificare l’effetto del valore delle scorte


Come accennavo in precedenza, l’effetto della diluizione delle varianze nel valore di magazzino è veramente complesso da calcolare e da prevedere. E’ comunque necessario almeno farsene un’idea in fase di budget, in particolare se si è in presenza di forti variazioni dei prezzi di acquisto e di bassa rotazione del magazzino.
Lungi da me l’idea di consigliare un calcolo analitico, vorrei suggerire una modalità semplice ed empirica. L’idea è raggruppare gli articoli a magazzino secondo classi le più possibili omogenee dal punto di vista della variazione attesa di prezzo e assegnare ad ognuna un indice di rotazione e un indice di prezzo atteso mensilizzato. Partendo da un valore di rimanenza iniziale si può provare a proiettare in modo grezzo l’effetto di una variazione di prezzo nei vari mesi, come proposto nel foglio di lavoro qui sotto (copia del foglio è scaricabile qui).



L’esempio si basa su una valorizzazione a costo medio ponderato su base mensile (rimanenza inizale del mese mediata con le entrate del mese stesso),  il valore delle scorte è mantenuto costante per semplicità, ma si può modificare intervenendo sul foglio di lavoro, come tutte le celle in giallo.  
L’indice di variazione del prezzo per i prodotti finiti è la risultante degli aumenti attesi sulle materie prime più il ritardo indotto dalla permanenza a magazzino. Stimarlo richiede un bello sforzo di fantasia, si può provare ad utilizzare l’indice medio ottenuto applicando il metodo di cui sopra sulle varie classi di materie prime  e applicarlo in funzione del loro peso medio all’interno del prodotto finito in esame.
Le differenze di valorizzazione così ottenute potrebbero essere introdotte nel processo di budget come varianza pianificata  “lumpsum” . Per me del tutto sconsigliabile introdurle come correzione nei singoli costi standard.

Conclusioni


La legittima richiesta del management al controller è di conoscere i motivi per cui il risultato (comunicato all’esterno) non è stato coerente con il budget. Compito del controller è secondo me comunicare efficacemente queste informazioni focalizzandosi su reali fatti di gestione e sulle possibili azioni di miglioramento, e informando su effetti contabili, peraltro ineliminabili, quantificandone l’effetto sui conti. Gli spunti sopra riportati sono orientati in questo senso. Mi rendo conto che l’approccio potrebbe non essere condiviso, e sarà per me molto interessante conoscere opinioni e strategie alternative. 

lunedì 9 settembre 2013

Il controllo economico della produzione in contesti dinamici

Il controllo della performance industriale non è difficile  se si ha a che fare con prodotti stabili, condizioni di domanda costante e una capacità produttiva adeguata e ben dislocata sulle zone da servire.  In questo caso è sufficiente identificare il miglior processo produttivo, applicarlo costantemente e limitarsi a misurare gli scostamenti  di efficienza tra questo e l’effettivo.
Molto spesso questo scenario ideale non si verifica. I prodotti e i processi evolvono sempre più velocemente, alla ricerca di efficienza e qualità, il footprint industriale non riesce a stare dietro alle fluttuazioni  della domanda nelle varie aree geografiche, la flessibilità passa spesso attraverso l’outsourcing parziale di alcune lavorazioni o della stessa produzione.
In contesti come questi, tutt’altro che infrequenti nel nostro panorama industriale, saranno disponibili diverse alternative di approvvigionamento per ciascun prodotto, ognuna caratterizzata da un suo costo. L’utilizzo di un’alternativa rispetto alla modalità preferenziale (per intenderci, quella su cui è stato calcolato il costo standard) porterà ad una varianza, non strettamente dovuta a utilizzo improprio delle risorse, ma comunque rilevante dal punto di vista economico.
Inoltre, l’attività di evoluzione prodotto porterà a variazioni al processo produttivo  preferenziale dopo il congelamento della modalità standard, e anche queste variazioni andranno monitorate per valutarne l’efficacia.
 Avere sotto controllo l’evoluzione del prodotto e l’utilizzo delle alternative di produzione e, di conseguenza, responsabilizzare le aree aziendali che presiedono tali attività, è essenziale per preservare la redditività del business. 

Monitorare l’evoluzione del prodotto


In funzione del processo di evoluzione prodotto presente in ogni azienda, le modifiche applicate al prodotto,  a parità di funzionalità dello stesso,  possono portare o meno ad un cambio codice. Se il codice non cambia, le modifiche ai dati tecnici del prodotto (distinta, ciclo, lotto standard, scelta make/buy)  saranno attivate a partire da una certa data e diventeranno da quel momento la modalità di approvvigionamento preferenziale, senza però modificare lo standard.
Se le modifiche richiedono un cambio codice, come già esposto nel precedente post  “Dare un costo ai prodotti nuovi”,  tale codice dovrebbe ereditare lo standard del codice che ha sostituito, sia in termini di dati tecnici che di costo.  Questo per evitare che l’impatto economico delle modifiche sia considerato una varianza di mix invece che industriale.

Varianze derivanti da alternative


L’utilizzo di alternative di approvvigionamento rispetto allo standard  genera varianze di diverso tipo, alcune più semplici da monitorare (ad esempio lo spostamento di una lavorazione da un centro di costo ad un altro), altre meno.  Ad esempio:
  • make / buy (il prodotto può essere fabbricato internamente o acquistato)
  • outsourcing  di singole lavorazioni, che possono essere fatte internamente o in conto lavoro
  • stabilimenti alternativi nella stessa società
  • stabilimenti alternativi in altre società del gruppo
le difficoltà derivano dalla necessità di confrontare informazioni eterogenee e organizzate diversamente, in particolare dati derivanti da ordini di produzione e da documenti d’acquisto. Un discorso a parte va dedicato all’ultimo caso, la cui varianza non può essere calcolata a livello di singola società, anzi, a quel livello è del tutto fuorviante. Ipotizzando infatti di spostare la produzione di un articolo dallo stabilimento A a quello B situato all’estero, un’eventuale analisi condotta dalla società A porterebbe a confrontare un costo di produzione a standard con un transfer price, ovviamente più alto del costo di produzione a standard dello stabilimento B. Sullo stabilimento B lo spostamento darebbe solo una varianza di volume, e la somma delle varianze non fornirebbe  l’impatto economico sul gruppo.

Spunti operativi


La modalità di analisi degli scostamenti a cui vorrei accennare, e che ho utilizzato sul campo trovandola  molto efficace, va oltre il classico approccio standard vs consuntivo. L’idea è di tracciare un “percorso”  dallo standard al consuntivo attraverso differenti “stadi” del costo di prodotto utili a identificare i motivi di scostamento e le relative responsabilità, che riporto di seguito:

  • costo standard: costruito utilizzando dati tecnici e ipotesi di approvvigionamento identificati come preferenziali e congelati in fase di preparazione del budget annuale. Come da dottrina il costo standard rimane fisso per tutto l’anno di riferimento. Vorrei sottolineare l’importanza di un piano di produzione di budget realistico, E’ importante richiedere  alla pianificazione operativa uno sforzo in fase di budget per definire le allocazioni preferenziali in modo da bilanciare il carico di lavoro sulla capacità disponibile. Tuttavia per quanto possibile sconsiglio, con l’eccezione della definizione dei prezzi di acquisto, di calcolare il costo standard a livello di codice come media di diverse modalità (es. 40% make, 60% buy),  per evitare le complessità connesse all’analisi delle varianze su questo tipo di ipotesi.
  • costo “evolutivo”: costruito utilizzando dati tecnici e ipotesi di approvvigionamento identificati come preferenziali per il periodo infrannuale che si sta analizzando. Nella mia esperienza, dovendo confrontarmi con un ufficio tecnico molto attivo nelle modifiche, ho congelato  questo dato con cadenza mensile (in coincidenza con la chiusura gestionale)  ma è possibile impostare congelamenti con diversa frequenza. Gli scostamenti tra costo evolutivo e costo standard misurano l’effetto economico di:
    •  modifiche al prodotto che sono di responsabilità principalmente di R&D e tecnologia di processo.
    • Cambiamenti strutturali della modalità preferenziale di approvvigionamento, di solito derivanti da decisioni strategiche in area operations.
  • Costo “preliminare”: costruito utilizzando dati preventivi ottenuti dai singoli ordini di produzione, e eventualmente  di acquisto. Un ordine di produzione è solitamente corredato in fase di apertura con dati preventivi copiati da quelli preferenziali validi in quel momento. Tali  dati vengono poi eventualmente modificati in funzione delle esigenze contingenti di programmazione della produzione:  ad esempio,  una situazione di sovraccarico su un centro di costo produttivo che impone di effettuare all’esterno una certa lavorazione. Una eventuale necessità  di acquistare un prodotto che è normalmente di produzione interna verrà identificata includendo nell’analisi anche gli ordini di acquisto.  Gli scostamenti tra e costo preliminare e  costo evolutivo misurano l’effetto economico delle decisioni di approvvigionamento “day by day”,  che sono di responsabilità della programmazione della produzione.
  • Costo effettivo:  deriva dai dati consuntivi ottenuti dai singoli ordini di produzione. Le varianze tra questo e il costo preliminare sono le tipiche varianze di efficienza sull’impiego dei materiali e delle attività di trasformazione, di competenza della produzione.
Alcune precisazioni:
  • questo approccio si basa sulla valorizzazione gestionale delle scorte a standard. Ciò significa che tutte le varianze di prezzo sui fattori produttivi acquistati vengono identificate e contabilizzate a fini gestionali all’atto dell’acquisto, e tutte le configurazioni di cui sopra sono costruite con prezzi dei materiali e delle lavorazioni esterne a standard.
  • Come ulteriore conseguenza del punto precedente, e varianze sui semilavorati e sui prodotti finiti sono analizzate sempre con riferimento ad un ordine di produzione , e tutti i componenti utilizzati nell’ordine (riferiti a livelli precedenti della distinta base) sono per quell’ordine  valorizzati a standard.
  • E’ altamente consigliabile in aziende caratterizzate dalle complessità di cui sopra impostare una suddivisione per macronature all’interno delle varie configurazioni di costo, per ottenere ulteriori dettagli di varianza e agevolare la riconciliazione dei dati di costo consuntivi con la contabilità analitica. Un paio di esempi:
    •  se un item definito a standard di acquisto viene fabbricato, il costo preliminare evidenzierà  un grosso risparmio sui materiali rispetto all’evolutivo, compensato però dalla presenza di  un costo di trasformazione  che sull’evolutivo era ovviamente pari a zero. La nuova ripartizione di costo sarà coerente con i consuntivi  desunti dalla contabilità analitica, mentre il totale del costo  fornirà l’impatto economico dell’alternativa applicata.
    • Isolare il markup intercompany all’interno del costo,  come descritto nel mio precedente post “PRODUCT COSTING DI GRUPPO IN AZIENDE MULTINAZIONALI COMPLESSE”,  permette di identificare correttamente la varianza sopra menzionata derivante dall’allocazione alternativa a un diverso stabilimento del gruppo.

 

Richiede impegno, ma ne vale la pena


Anni fa mi sono posto la questione di indagare in modo esaustivo quella che chiamavo genericamente “varianza di processo”, perché avevo il forte sospetto che fenomeni molto rilevanti fossero ignorati. Emergenze aziendali e la stessa complessità dell’argomento nel mio contesto di riferimento mi hanno impedito per un certo tempo di destinare il tempo e le risorse necessarie.  Quando questo è diventato possibile il mio sospetto iniziale è stato confermato.  L’effetto economico di una varietà di scelte di allocazione produttiva, a volte lasciate al caso,  è diventato evidente. Così è stato possibile responsabilizzare gli enti aziendali preposti a tali scelte, e  collaborare per  mettere progressivamente sotto controllo la situazione.  I benefici a livello di conto economico, nonché di attendibilità dei costi preventivi, sono stati molto evidenti.